Guido Scarabottolo

Guido Scarabottolo

Guido Scarabottolo

La sindrome di Bau

Una volta, descrivendo il proprio rapporto con il disegno, Guido Scarabottolo ha detto che per lui è fondamentale chiudere la giornata lasciando sempre in serbo “un segno per il giorno dopo”. A questo si deve probabilmente la parsimonia con cui compone il suo mondo figurativo, fatto di poche, ma essenziali presenze. La parsimonia di Scarabottolo ha due cause fondamentali: la pigrizia e la noia. Un gesto, una parola in più e Scarabottolo, che di suo parla meno che può, si annoia. Per incuriosirlo le cose devono avere l’onestà di un osso pulito dal sole, di un ciottolo lavato dal mare: niente superfluo, niente convenevoli. Non per nulla, fra i soggetti più frequentati dalle sue illustrazioni primeggiano teschi e scheletri. Tutto ciò che è in eccesso lo irrita profondamente: in questo senso Scarabottolo pratica una vera e propria ecologia della mente, suggerendo ai propri lettori la strabiliante idea che alle immagini possa essere riservato un destino diverso da quell’insensato e indistinto proliferare a cui ci hanno abituati questi ultimi decenni e che ha come effetto l’azzeramento percettivo. Le immagini di Scarabottolo hanno il potere di accendere la visione. E di farla tornare nei binari del pensiero. Di coinvolgerla in quel “discorso sul mondo” che è la cultura.
Perché, come ha scritto Saul Steinberg, disegnare è un modo di ragionare. I pensieri di Scarabottolo sono i suoi disegni, gli oggetti da naufrago che escono dalle sue mani, fatti con quel che c’era a disposizione e niente più. Presenze un po’ misteriose, surreali e, insieme, nitidissime. Divertendosi solo quando può fare qualcosa con il minimo indispensabile, in uno stato di carenza e di necessità, Scarabottolo fa venire in mente un bambino, in certi mattini d’estate, in spiaggia, annoiato dalle vane chiacchiere degli adulti, assorto in cose invisibili, capaci di manifestarsi solo alla acutezza di visione dei suoi occhi impalcabili, attenti. Cose minime e marginali, e perciò, assolute.

di Giovanna Zoboli